Di Riccardo la Porta e Stefania Manconi.
Voglio subito premettere che questo articolo non è a discapito delle organizzazioni di volontariato, tantomeno a discredito delle migliaia di persone che a titolo gratuito offrono il loro tempo e il loro operato nei più disparati ambiti.
Spesso l’approccio a persone con disabilità o svantaggio in generale, è dettato da quel sano egoismo nel ricercare la pace dei sensi e del cuore, quella voglia di sentirci utili e importanti per qualcuno, e se questo qualcuno ne è realmente bisognoso tanto meglio.
Spesso però c’è una sovrapposizione tra volontario e professionista, tra volontà e competenza, tra disponibilità e disposizione. Ed è qui che si perde il punto: a dispetto di un immediato beneficio – quello di poter usufruire gratuitamente di un servizio, di farne venir voglia o di vincere il dubbio se affrontare una spesa o no – si perde la garanzia della disponibilità futura, della ripetibilità dell’esperienza e della disponibilità di spazi e strutture.
Tutto ciò accade molto spesso nel mondo della formazione sportiva, dove non è facile trovare l’opportunità di fare esperienze (prove) gratuite per portatori di handicap. Il problema spesso è che, per chi una volta “convinto” dalla prova, non c’è la possibilità di proseguire nell’esperienza o nella formazione.
Di certo la maggior parte delle associazioni o realtà sportive agiscono mosse dalle più nobili delle motivazioni, ma tra loro – non troppo celate – si muovono anche grandi organizzazioni. Non ne è immune il mondo della subacquea sportiva dove, dopo l’interagire con disabili, organizzare eventi che richiamino l’articoletto di giornale e l’assessorino di turno per far due foto, rimane ben poco…
Tutto ciò che è a pagamento è dunque sinonimo di qualità? NO! Non possiamo dimenticare però che la professionalità degli operatori è un investimento, di tempo e di denaro spesi nella formazione, anche per dare delle competenze e mettere a disposizione strumenti “adattati”, che hanno dei costi di reperibilità e di utilizzo. Si pensi al lavoro con le persone “speciali” e all’ulteriore preparazione che richiede.
Tutto ciò che è gratis è scadente? Assolutamente no! Ma è vero che può essere un campanello d’allarme. Alla fonte di ciò che è gratis c’è sempre chi paga, e io mi chiedo sempre perché e quanto mi costa.
Come accennato, nel mondo della subacquea c’è da tempo un susseguirsi di eventi ed opportunità per provare a respirare sott’acqua, come se ci volesse chissà quale capacità (e parlo da Instructor Trainer). In prima fila grandi e blasonate associazioni di settore vantano la formazione di “subacquei disabili”, ma dopo l’organizzazione di eventi, proclami e la (costosa) formazione di guide subacquee e istruttori, rimane ben poco per chi volesse realmente praticare l’attività in autonomia.
La realtà è che anche chi è mosso dalle più nobili e sincere motivazioni, se non incontra una sostenibilità economica, non può garantire la continuità né la ripetibilità delle attività. In sostanza, per garantire che “Tonino”, ragazzo con sindrome di Down, pratichi la subacquea con continuità, bisogna potergli garantire una formazione adeguata, e garantirgli anche di poter praticare la disciplina tutte le volte che vuole; quindi bisognerebbe garantire a Tonino il diritto di essere cliente, ed esigere un servizio di qualità e valore adeguato al mercato!