Sono Riccardo La Porta, e sono instructor trainer di subacquea, specializzato nella formazione di sub con disabilità e dei loro istruttori. Sono anche sommozzatore forense, referente nazionale CSEN per le attività subacquee, e referente didattico regionale del National Rescue Council.
Per la rivista Mondo Sommerso curo la rubrica ‘sub e disabilità’.
Nel 2010 ho fondato Sea Scout (del quale sono presidente) una realtà che opera a Oristano (in Sardegna) e che si occupa di inserimento sociale, sviluppo delle autonomie e sport paralimpici per persone con disabilità intellettivo-relazionale. Si occupa inoltre di corsi di formazione per operatori specializzati in disabilità, ed è centro di formazione ITF WASE DivEducation.
Ma da dove nasce la mia passione per la subacquea?
Erano i primi anni ’80, vivevo ad Anzio con la mia famiglia: un padre imprenditore di non so cosa, una madre sempre arrabbiata ed una sorella più grande di quasi tre anni che mi odiava giustamente solo per essere il fratello minore maschio; le altre due sorelle non erano ancora nemmeno un’idea (che poi avrebbe segnato un’altra epoca).
Il paese di Anzio lo percepivo accogliente; una cittadina in provincia di Roma che affacciava sul mare e che dal mare era nato.
Ad Anzio ho iniziato ad amare il mare e ad esserne dipendente. Le giornate e le stagioni – scandite dalla presenza o meno di persone – io le passavo in spiaggia: per pescare o per cercare tesori portati dalle mareggiate, o semplicemente per stare lì, anche d’inverno, a pochi metri dal mare, solo perché era così che mi piaceva vivere. La mattina a scuola e il pomeriggio tra la costa sabbiosa ed il porto del paese.
Proprio al porto, in una serata primaverile, mentre mi districavo tra le urla dei pescatori infastiditi dalla mia invadente e curiosa presenza, vidi apprestarsi all’ormeggio una barca estranea. Ovviamente conoscevo tutte le barche ormeggiate stabilmente al porto di Anzio, e ne conoscevo la loro storia, a prescindere che fosse vera o da me inventata.
Questa imbarcazione la ricordo enorme, ma probabilmente era il paragone di un bambino di nove o dieci anni. Rimasi lì, ad osservare tutte le operazioni di ormeggio, fino a quando il suono cupo e profondo dei motori diesel lasciò spazio alle voci dell’equipaggio: parlavano una lingua strana, che usava le nostre stesse parole ma con toni e versi a me in parte incomprensibili. Dalla passerella sbarcarono due uomini, alti forse 2 o 3 metri – sempre secondo il parametro di un bambino. portavano con sé misteriose casse e bombole da subacqueo, tutto esattamente come nei documentari di un giovane Piero Angela di cui non perdevo una puntata. Tutto mi apparve chiaro.
Erano ormai le 18.30, me lo ricordo ancora oggi. Non per la mia ferrea memoria, ma perché quella era l’ora in cui di passaggio appariva, a largo dell’imboccatura del porto, il traghetto per Ponza, che convenzionalmente era anche il segnale che mi rimanevano dieci/quindici minuti di tempo per poter rientrare in casa senza incorrere in “orrende” ritorsioni.
Corsi via e portai con me un solo pensiero, chiaro, indelebile, ancora oggi vivido nelle sue sensazioni: sarei stato un subacqueo.
Se sei arrivato approdato sul mio blog è perché probabilmente ti interessano la subacquea, e forse anche le disabilità. Nel mio blog puoi approfondire questi ed altri argomenti, come la formazione nelle discipline acquatiche propedeutiche per le disabilità e l’integrazione, ed i corsi di primo soccorso e Bls-D.
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